MISSIONE ESPLORATIVA (1996)

BRRRRRZZZZZZZZKKKKKK
’’Perche’ lo faccio? Ditemi voi perche’ uno non dovrebbe farlo! Cazzo! Non posso non farlo.
BRRRZZZKKKKKK
NON POSSO.
Non posso. Cazzo non posso. Lo faccio...
CLICK CLACK
Camminavo con circospezione. D’altra parte vorrei vedere voi al mio posto. Il buio regnava in ogni anfratto. Dove abitualmente la luce artificiale non arriva mai c’e’ addirittura un buio fisico, sembra che l’aria in quei posti sia piu’ densa, e il tempo vi sia immobilizzato da anni. E’ una sensazione strana... Il mio passo diventava via via sempre piu’ nervoso, anche se mi sforzavo di apparire il piu’ calmo possibile, e i sensori collegati all’Entita’ Unica davano campo sgombro da interferenze. Tuttavia la centralina di auto difesa che dipendeva anche dal mio subconscio, rafforzava le energie alla base del collo e lungo la schiena, e nell’avambraccio destro il fucile organico formicolava in attesa di chissa’ cosa.
Interferenze.
Le chiamiamo cosi’, le unita’ nemiche. Sapevamo cosi’ poco di esse che i primi di noi che avevano messo piede su Thalo IV, erano stati decimati senza avere preso contatto con l’obiettivo. E cosi’ pure i secondi. Solo dalla terza ondata in poi, il comando di civilizzazione aveva potuto piantare radici solide tutto intorno allo spazioporto, che altro non era che uno spiazzo ottenuto con l’esplosione di un paio di bombe al plasma. Avevano raso al suolo per un raggio di ottocento metri tutto cio’ che era piu’ alto di dieci centimetri.
L’unica traccia tangibile di civilizzazione umana quassu’.
Ero alla mia nona missione esplorativa individuale in pieno territorio ostile, l’ultima che mi toccava, e il visore agli infrarossi scandagliava ogni possibile via d’attacco per le interferenze, mentre il cuore batteva con regolarita’ un crescendo di inquietudine. Stavo quasi per ritornare sui miei passi quando i sensori rilevarono una certa attivita’ cerebrale che si avvicinava con decisione da nord. Automaticamente tutto l’equipaggiamento organico di difesa si mise in preallarme, mentre mi accovacciavo dietro un tronco d’albero abbattuto da una precedente scaramuccia. Ero li’, tutto solo, in una terra sconosciuta. Per forza ero solo... Lo avevano fatto per me. Lo avevate fatto solo per me, per la mia incolumita’. Cazzo! Mi tornavano in mente i rapporti del Ministero della Difesa, con le spiegazioni delle strategie da adottare... Ma io ero li’ da solo... Sono da solo! Le missioni di ricognizione individuali sono una cervellotica risposta alle grosse perdite di pattuglie d’avanguardia che si sono avute nei primi tempi della civilizzazione di Thalo IV. Come sapete, sembrava che i soldati ad un certo punto della loro azione di esplorazione si sparassero l’un l’altro. In tutti i casi non erano sopravvissuti testimoni che potessero spiegare cosa fosse successo, ma tutti i cadaveri portavano ferite da fucili organici, e del calibro del nostro contingente. Insomma, l’unico modo per impedire che i nostri si sparino fra di loro, secondo voi, e’ limitarne il piu’ possibile il numero per missione. Bravi, che bella soluzione!
Nessuno al Ministero, pero’, ha mai provato a farsi una ricognizione da solo, su ’sto cazzo di pianeta... La centralina pompava adrenalina in quantita’ industriali e preparava l’attrezzatura organica al contatto con il nemico, mentre tutto intorno il buio si fece se possibile piu’ impenetrabile ed opaco. Avevo il contatto a cinque secondi dritto davanti a me quando il visore si spense, e l’oscurita’ mi ghermi’ interamente. I sensori, ancora efficenti, segnalavano ancora quella attivita’ cerebrale, in un punto che per logica si sarebbe dovuto situare esattamente sulla mia verticale, ma sopra di me non c’era che il cielo, e non sentivo alcun rumore di motori ne’ di battito d’ali. La verita’ era che nessuno di noi ha mai visto una interferenza e quindi non si sa nemmeno a cosa possa somigliare. Mi aspettavo ormai l’attacco da un momento all’altro, ammesso che l’interferenza avesse quell’intenzione, e quasi senza accorgermene, alzai il braccio destro verso l’alto e sparai... Fu una specie di selvaggio rito pagano, e accompagnai la lunga raffica ad un urlo certamente riposto da anni nel profondo della mia anima. Lo avete sentito, vero? DEVO FARLO. TUTTI DOVEVANO FARLO. TUTTI L’HANNO FATTO. Era... E’ come se qualcuno o qualcosa mi avesse liberato da un peso che mi trascinavo dietro dai tempi della mia infanzia, quando i dubbi sulla vita ti sembrano cose lontane, che mai dovrai affrontare, un mondo senza problemi, un posto dove dovevo tornare, assolutamente, senza possibilita’ di rimandare ulteriormente...
D O V E V O.
D E V O .
L O F A C C I O.’’
Una seconda raffica, questa volta piu’ corta e secca, chiuse la registrazione e la colonizzazione di Thalo IV...

 

FINE



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